Come cambierà il nostro modo di lavorare tra dieci anni? Che valore daremo alle cose che facciamo, che tocchiamo, che immaginiamo e che vediamo? Il mondo corre. Il mondo si evolve. Tutto cresce, matura e soprattutto si innova. Che cosa fare quindi? Essere lungimiranti, andare oltre l’immaginazione, creare e inventare. Immaginare il futuro che si avvicina a noi sempre più in fretta.
Questo è il pensiero che si dovrebbe avere oggi, davanti ad un sistema sempre più tecnologico e digitalizzato. Se si rimane fermi e indietro, anche solo di qualche passo, si è penalizzati.
Il “vecchio” mondo viene messo in crisi da tecnologie e globalizzazione le quali, però, ne generano uno nuovo che punta tutto sull’innovazione ed è composto da dimensioni reali e virtuali.
Se si pensa alla storia dell’umanità, scopriamo che in realtà l’uomo ha sempre innovato, ma ciò che rende speciale e unico il nostro modo di innovare oggi sono la capacità e la portata delle scoperte tecnologiche nonché la velocità a cui avvengono e alla quale noi ne veniamo a conoscenza e in possesso.
Il potenziamento delle prestazioni dei computer, la crescita esponenziale della velocità di elaborazione dei chip, l’evoluzione continua delle tecnologie attraverso cui comunichiamo e ci connettiamo ad internet, la scoperta e la nascita della stampa 3D: questi sono solamente alcuni cambiamenti che stanno avvenendo nella nostra società, il cui autore è un innovatore che si ritrova a fare i conti e a gestire gli effetti, positivi ma alcune volte anche negativi, di questi fenomeni digitali e tecnologici che piano piano stanno trasformando tutto ciò che ci circonda in automazione. Le imprese introducono continuamente nel mercato nuove tecnologie che trasformano la loro organizzazione e il loro funzionamento, riducono il lavoro manuale e anche quello intellettuale attraverso l’innovazione di prodotti e processi.
E l’artigiano, trovandosi di fronte una comunità e un sistema sempre più digitalizzato, cosa deve fare? Occorre innanzitutto ridare centralità ed importanza alla cultura artigiana, cogliendo ed estraendo una dimensione contemporanea che si leghi al mondo 2.0.
Ci si potrebbe domandare come sia possibile legare due mondi in apparenza contrapposti quali la tradizione, il saper fare che caratterizza l’attività dell’artigiano, con la tecnologia. A conseguire quest’unione particolare sono gli artigiani digitali, o “makers” (termine coniato da Chris Anderson). Sono gli inventori del terzo millennio: un po’ designer, un po’ artisti, un po’ appassionati del do it yourself che trovano un’estensione su base tecnologica del tradizionale mondo artigiano. Amano inventare e produrre autonomamente e in maniera sostenibile, sperimentano nuovi approcci alla produzione basati su tecnologie a basso costo.
Quindi nel concreto di che cosa si occupano queste nuove figure? Gli “artigiani 2.0” sono coloro che lavorano nelle FabLab, producono con le stampanti 3D, sfruttano le schede di Arduino per creare rapidamente prototipi per scopi hobbistici e didattici; ma sono anche tutti quei “maker” che lavorano su oggetti eco-friendly, innovativi, prestando attenzione tanto alla forma quanto alla reinterpretazione della funzione e delle tecniche di produzione tradizionali. Il prodotto della loro opera racchiude un cuore di tecnologia e in ogni caso sfrutta la rete e il pc per vendere, condividere e autoprodurre.
La tecnologia non è solo standardizzazione e automazione ma anzi molti processi produttivi, che si tratti di sviluppare una soluzione software, un’app, un’interfaccia digitale o un modello 3D, richiedono quella forte flessibilità tipica dell’artigianalità.
Ciò a cui si dà forma è un assemblaggio profondo: come l’artigiano tradizionale che parte dalla materia grezza per dare origine a un risultato unico allo stesso modo l’artigiano digitale assembla o rielabora non solo il contenuto di diversi media, ma anche le loro tecniche, i processi produttivi e le modalità di rappresentazione ed espressione.
Tra i tanti processi in atto, al MakeIt! 2015 previsto per giorno 26 Marzo parleremo della digital fabrication, il processo attraverso cui è possibile creare oggetti solidi e tridimensionali partendo da disegni digitali. Perché parlarne? Perché è un modo innovativo per le PMI di rimettersi in gioco ed essere vincenti, allargare gli orizzonti del business verso il panorama internazionale, vendendo ovunque i propri prodotti. Qualche numero? Secondo la società di consulenza americana Wholers la stampa 3D varrà 3,1 miliardi di dollari nel 2016, 5,2 miliardi nel 2020; inoltre oggi oltre il 20% dei prodotti stampati in 3D sono prodotti finiti, non prototipi e modelli; tuttavia questo dato è destinato a crescere arrivando al 50% entro il 2020.
L’artigianato digitale, stampa 3D inclusa, è un motore formidabile: la sua capacità di creare rete sociale e un nuovo approccio alla creazione di idee, attraverso la cooperazione e la condivisone in “botteghe” virtuali o fisiche, ne fanno un open business model attraverso cui le PMI possono trovare un interessante raggio d’azione nel mercato.
Barbara Todeschini
Camilla Favero