Talent Campus – Ideas Worth Spreading

 
Anche io, come Achille Zambon (leggi la sua recensione) ho partecipato al Talent Campus di Vittorio Veneto, versione International, tenutosi la scorsa settimana. In pieno spirito TED, come suggerisce il titolo, in questo articolo voglio condividere i passaggi che per me sono stati più significativi e motivanti, convinto che lo possano essere anche per qualcun altro.

Il primo concetto riguarda la Leadership. Io come molti altri credo, ho sempre visto la leadership come una caratteristica intrinsecamente proiettata verso la relazione con gli altri individui: essere capaci di creare un ascendente verso gli altri, di ispirare fiducia e credibilità, di saper motivare ma anche di essere in grado di prendersi le proprie responsabilità. E’ invece grazie alle testimonianze di Giovanni Zoppas e Pietro Barteselli che ho capito che la logica è diametralmente opposta.

talent campus

 

Essere leader vuol dire prima di ogni altra cosa essere leader di sé stessi, avere la capacità di capire cosa è meglio per sé stessi e per la propria felicità ed avere il coraggio di assumersi i rischi delle conseguenti decisioni . Rendersi conto che un lavoro non è più adatto alla propria identità e cambiare totalmente carriera, rimettendosi in gioco da zero è un esempio che Zoppas e Barteselli ci hanno portato parlando delle loro esperienze personali.  E’ quando sei immerso in qualcosa che ti piace profondamente e che ti identifica che allora riesci ad esprimerti al meglio e quindi diventare riferimento per gli altri e non zavorra.

In questo senso molto interessante anche lo spunto di Sebastiano Zanolli (già sentito per i più attenti da Ken Robinson in The Element) in riferimento alla totale mancanza nelle scuole di una istruzione che riguardi anche aspetti interiori, di ricerca della propria felicità, del proprio talento. Competenza questa che non meno di altre va coltivata ed allenata attraverso l’esercizio dell’esperienza. Il nostro sistema scolastico però, soffre ancora dell’impostazione nata da una necessità industriale, dove da padrone la fanno la formazione matematica e tecnica e la situazione viene coadiuviata da una classe politica poco attenta alla cultura e all’arte in tempi di spending review.

Il secondo concetto riguarda la cultura del fallimento. Tema trito e ritrito, almeno per le mie orecchie, il classico discorso che si sente soprattutto nel mondo delle startup e si riferisce al fatto che siamo immersi in una cultura (soprattutto quella scolastica) che ci porta a pensare che il fallimento sia una male incurabile, uno stigma sociale, qualcosa da evitare assolutamente. Invece il fallimento è necessario per avere successo, per fare le cose meglio ecc ecc. Questo tipo discorso l’avrò sentito un centinaio di volte in mille salse diverse ma non mi aveva mai convinto, forse ero proprio io la vittima più duramente colpita dal nostro sistema scolastico.  Il merito di avermi fatto cambiare completamente ottica (finalmente), su questo punto è di Luigi Centenaro e di questo video in particolare

Da questo video ho capito che sbagliare (termine più user-friendly) è FISICAMENTE normale di fronte ad un problema complesso! Sarebbe strano il contrario! Se al primo tentativo, il bambino avesse visto la sua sequenza funzionare sarebbe stato un miracolo che non si sarebbe ripetuto se ci avesse provato altre 100 volte. I primi fallimenti sono serviti proprio per correggere il tiro, mettere a posto qualche errore di progettazione e permettere il tanto agognato successo. Alla fine poi mi sono quasi vergognato quando il bambino era così contento dei pochi fallimenti ottenuti, capendo che quello di cui abbiamo così tanta paura è più che altro il giudizio altrui e che il nostro nome venga associato definitivamente ad una figura perdente.

Terzo ed ultimo concetto è l’importanza di costruire e coltivare relazioni.  Emblematica la frase di Zoppas:

“If you stay close in your room and you don’t open yourself to relationships, you’ll never find what you really like”

Mai stato più d’accordo di così. Relazioni vuol dire scambio di esperienze e di conoscenze, vuol dire emergere di opportunità, formazione di team, di startup, di lancio di nuovi progetti o prodotti, di possibilità di carriera, di trovare nuovi clienti o più semplicemente nuove ispirazioni.  Ed è forse questo il motivo principale per cui questo Talent Campus è stato così significativo per me, la qualità delle relazioni instaurate. Essendo in compagnia di 45 ragazzi in qualche modo “selezionati”, e di formatori di altissimo livello, con qualsiasi persona mi fermassi a parlare il dialogo non era mai banale, non divertente, privo di significato. Inutile dire che carica abbia messo un contesto di questo tipo dopo 4 giorni di full immersion e che soddisfazione è stata averne fatto parte.

Andrea Usai