Storming Pizza 21.03.2013

StormQualche giorno fa una piccola rappresentativa del nostro club ha partecipato alla Storming Pizza, l’ormai famoso appuntamento del giovedì di H-farm, con pitch e – ovviamente – pizza.

Questa edizione ha avuto qualcosa di diverso però: le iniziative presentate sono tutte nate all’interno del MasterLab in Digital Economics and Entrepreneurship di Digital Accademia. Start-up ancora da lanciare sul mercato quindi, ma già sviluppate con una discreta completezza, caratteristica che i pitch dello storming non sempre hanno.

486027_628141937211381_750461632_nI primi a presentarsi sono i ragazzi di WOTE, una mobile app pensata per rendere più coinvolgente e interattivo un evento facendone interagire i partecipanti. L’idea è semplice: l’utente si geolocalizza sull’evento, partecipa votando, esprimendo una preferenza o quant’altro e viene ricompensato con premi di vario tipo, ad esempio gadget. L’offerta per il partecipante è semplice: interfaccia divertente, possibilità di interagire live e possibilità di essere ricompensato.  Triplice è al contempo anche il vantaggio per chi crea l’evento:

  1. Aumento della brand awareness, grazie alla possibilità di costruire una campagna completamente brandizzata;
  2. Acquisizione dei dati degli utenti, altamente profilatizzati (attraverso la connessione a Facebook);
  3. Alimentazione del social buzz dell’evento.

Particolare è il modo in cui si affronta il trade-off customizzazione/scalabilità. Ai brand viene fornito un servizio standard ma flessibile, scaricando su di essi la possibilità di personalizzarlo sulla base del tipo di evento che si intende realizzare. La tipologia delle interazioni (condivisione foto/video, votazioni, ecc) è infatti decisa dal brand stesso sulla base degli obiettivi che intende raggiungere con la propria campagna.

Nel corso del botta e risposta è stato inoltre sottolineato come WOTE sia una piattaforma b2b che non ha l’obiettivo (o la pretesa a seconda dei punti di vista) di diventare social, escludendone quindi un eventuale utilizzo per eventi privati.

Concludendo, secondo la modesta opinione di chi scrive, nonostante i benefici per il brand siano palesi (se rapportati ad un costo adeguato ovviamente), il vero punto interrogativo si pone sulla capacità di incentivare il partecipante ad utilizzare la piattaforma: da un lato perché lo strumento geolocalizzativo gode di una penetrazione ancora relativamente bassa presso i suoi utilizzatori potenziali, dall’altro perché l’idea non mira a risolvere un problema migliorando lo stile di vita dell’individuo ma al puro entertainment quindi l’incentivo al suo utilizzo è già intrinsecamente inferiore.Bybox

La seconda presentazione è stata quella di BOX STONE ME. A chiunque almeno una volta è capitato di fare un acquisto online e fare i conti poi con la difficoltà di farsi trovare a casa al momento della consegna. Ecco, l’idea mira a risolvere questo problema attraverso il posizionamento e la gestione di delivery lockers in punti strategici della città: stazioni, metro, bar, uffici, università. Luoghi in cui una persona passa frequentemente quindi.

Il cliente si fa recapitare il pacco dove gli aggrada per poi ritirarlo nel momento più congeniale ai propri impegni. Confrontato con il modello attuale, con la consegna che avviene o su appuntamento o senza preavviso (e dopo due consegne andate a vuoto il cliente si deve recare al magazzino), è immediato capire il valore aggiunto che si offre al cliente (e anche le grandi possibilità di partnership con gli operatori locali).

Tralasciando il problema dell’occupazione di spazi pubblici e relativi appalti che non ci sembra di grande interesse (e neanche di gran rilevanza), il vero punto interrogativo in questo caso si pone sul grado di integrazione verticale che investirà questa innovazione. Questa idea è certamente molto brillante, ma di sicuro non nuova: Amazon ha già lanciato in diverse città americane e a Londra la sua versione di delivery lockers, DHL in Germania e altre aziende in Francia, Turchia, Canada e perfino in Estonia e Finlandia.

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Cosa accomuna queste realtà in fase di sperimentazione? Il servizio lockers è offerto in maniera gratuita dalle aziende di spedizioni (che rappresenterebbero quindi la fase a monte di BoxStoneMe) che in tal modo sfruttano un grande risparmio di costo facendo arrivare tutti i pacchi in una sola destinazione, piuttosto che in diverse sparpagliate sul territorio.

Viene da chiedersi dunque: che spazio rimarrebbe se si dovesse competere con un colosso come DHL, che per di più offre lo stesso servizio in modo gratuito? O in alternativa, che incentivo avrebbe a lasciare la fase finale del suo servizio a operatori terzi? D’altro canto però, c’é da dire che anche un modello del tutto analogo a BoxStoneMe sembra si stia affermando piuttosto bene sul mercato inglese: Bybox , che ha già più di 1300 siti sparsi per il paese (in questo caso il servizio è a pagamento). Leggermente diverso è quello di Kinek, che opera tra Stati Uniti e Canada. In questo caso la spedizione si appoggia a negozi locali indipendenti (un po’ come Western Union per capirci) che sono ben contenti di partecipare dato che spesso oltre al pacco, il cliente si ferma nel negozio per comprare anche qualcos’altro (visto che ha scelto lui la destinazione esatta di consegna). Concludendo l’idea è sicuramente valida e porta vantaggi sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta, ci auguriamo che BoxStoneMe riesca a trovare il modo per imporsi in maniera efficace sul mercato italiano.

La terza idea presentata è stata, con nostro grande piacere, quella del team XY Resize già nostri ospiti all’edizione veneziana di Pillole di futuro. Ma per il commento delle ultime due idee dell’ultimo storming pizza imandiamo al blog dei ragazzi di Idea Startup con i quali abbiamo condiviso la piacevole serata.

Andrea Usai