“Fratelli e sorelle, buonasera. Voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma e sembra che i miei fratelli cardinali siano andati alla fine del mondo, ma siamo qui. Vi ringrazio dell’accoglienza.”
Inizia così, con un “buonasera” che accorcia drasticamente le distanze con i fedeli, il pontificato di Jorge Maria Bergoglio, amministratore delegato della “multinazionale più antica del mondo”, di quell’impresa che da quasi duemila anni “produce etica”.
E a studiare il papa la cui prima grande mossa di marketing è stata quella di scegliere il nome di San Francesco è, con il libro “Leader come Francesco. Perché il papa è un genio del marketing”
, il saggista e pubblicitario Bruno Ballardini, già autore di “Gesù lava più bianco. Ovvero come la Chiesa inventò il marketing”
.
Ballardini, laureato in filosofia del linguaggio, vanta una carriera nel mondo della comunicazione avendo lavorato per anni come copywriter presso importanti multinazionali della pubblicità ed è stato docente di Tecniche della Comunicazione Pubblicitaria e di Scrittura Giornalistica. Non a caso, quindi, l’analisi che fa di papa Francesco è un’autentica lezione di Marketing attraverso un caso studio per certi versi inusuale.
E non è stato solo l’ampio uso della terminologia tecnica propria del Marketing ad avermi invogliato a leggere il suo libro ma anche il suo presentarsi come uno scrittore “non cattolico e neppure religioso, che non ha intenzione di tessere le lodi del papa” ma che sa “riconoscere benissimo la vera spiritualità da quella falsa”. Ballardini sa bene che affrontare il tema della Chiesa Cattolica usando una simile chiave di lettura lo espone alle possibili critiche sia da parte delle frange più bigotte del cattolicesimo sia da parte degli atei o degli agnostici più scettici. Eppure riesce per tutta la durata del saggio a mantenere un elevato grado di obiettività, evitando lusinghe e ribattendo agli scetticismi potenzialmente sollevabili.
Papa Francesco è un uomo coraggioso, come afferma Dario Fo nel suo spettacolo teatrale “Lu Santu Jullàre Francesco” dedicato alla vita del santo di Assisi in cui sottolinea diverse analogie tra i due. E il coraggio è una qualità essenziale se si vuol essere promotori di un cambiamento proprio in una fase difficile per la Chiesa Cattolica – nel libro non mancano le critiche al precedente CEO, il papa che indossava le Prada.
Il Prodotto della Chiesa, la Dottrina, appare oggi obsoleto e “non più in grado di rispondere alle istanze dell’epoca contemporanea”: per troppo tempo non è stato aggiornato e nonostante il messaggio cristiano e i valori della Marca – la Chiesa Cattolica – siano eterni, sono le interpretazioni dogmatiche a cozzare con le attuali vite dei credenti, sempre più influenzate dalla ricerca scientifica e dalle tecnologie. Interpretazioni, a volte “politiche e di circostanza”, stratificate nei secoli e che appaiono sempre più come “un enorme groviglio di norme morali spesso in contraddizione con il mondo moderno”.
Al papa si presenta, quindi, una grande sfida: attuare una strategia di re-branding e riconquistare la fiducia di tutti gli stakeholder. Dovrà prima di tutto recepire le nuove istanze che derivano dai cambiamenti della nostra epoca, “riformulando i principi dottrinari, affinché questi si armonizzino meglio con la vita comune”.
Per far ciò papa Francesco ha avviato una profonda attività di ascolto, ossia quella che è alla base del Marketing e di cui spesso ci si dimentica, andando incontro a disastri a volte irreparabili. Parlando dell’ascolto dell’azienda, il cosiddetto internal auditing, Ballardini cita le varie operazioni di riorganizzazione interna o l’avvio della riforma dello IOR, supportate da consulenti esterni quali KPMG, Ernst & Young e McKinsey, per poter ottenere “una visione obiettiva da osservatori distaccati”, nonché il questionario online indirizzato alle conferenze episcopali di tutto il mondo, per avere così l’opinione sui temi attuali di quei “manager” che operativamente diffondono il messaggio cristiano alle persone.
Ma papa Francesco ascolta anche gli stakeholder, e lo fa con “la semplicità quasi di un parroco di campagna, pur non essendolo affatto”. Ascoltare non vuol dire necessariamente fare customer care o crowdsourcing – attività che nel caso in questione comportano limiti e rischi – ma capire i bisogni dei consumatori.
Questo intero processo di rinnovamento può avvenire solo se si hanno grandi capacità di leadership. E Francesco, secondo l’autore, queste doti le ha, e la sua formazione gesuitica – paragonata ad un Master in Marketing o ad un esperienza in P&G o Unilever – ne è alla base. Proprio George Lafley, CEO di P&G ha affermato che “i dirigenti di oggi hanno la responsabilità di trasformare continuamente le loro organizzazioni per riuscire a fronteggiare i cambiamenti che sono inesorabili” ma che per farlo devono “motivare e attrezzare i propri dipendenti per attraversare il cambiamento con coraggio, capacità, fiducia e disciplina”.
“Un vero leader si vede dalla sua autorevolezza, non dal suo autoritarismo, e l’autorevolezza si guadagna sul campo, dando l’esempio, proprio come fa Francesco”
Papa Francesco ha tanto da insegnare anche nell’ambito della comunicazione. Egli padroneggia un’arte che per ogni impresa rappresenta la sfida dei tempi odierni: lo storytelling, ossia l’applicazione alla comunicazione d’impresa o di brand dei principi della narrazione (ne abbiamo parlato al Marketers Day 2013). Storytelling è “l’arte di toccare le corde del cuore. […] È creare mondi possibili e condividerli“. Ed è proprio ciò che fa Francesco: crea e condivide un mondo possibile “attraverso una narrazione, che non va intesa semplicemente come un racconto, ma come la descrizione di un mondo i cui protagonisti sono le persone stesse comprese nella narrazione. Questo mondo diventa tanto più credibile quanto più è reale, ovvero veicola valori e contenuti coerenti e verificabili.”
Ballardini riporta diversi esempi delle doti comunicative di Francesco. Per citarne alcuni: confronta l’incipit del suo primo messaggio pubblico a quelli dei due papi che lo hanno preceduto, commenta l’interpretazione di Francesco del libero arbitrio – che abbandona quella obsoleta “alla Henry Ford” (“Ogni cliente può ottenere una Ford T colorata di qualunque colore desideri, purché sia nero”) o racconta l’azione viral della “Misericordina”.
“I brand sono ideologie”
Lo storytelling è un mezzo, il fine ultimo per ogni brand è riuscire a comunicare i propri valori e far sì che essi siano condivisi dalle e fra le persone. “I brand sono ideologie”. “Le grandi marche hanno indicato e indicano al loro pubblico uno stile di vita e precisi valori di riferimento, così fanno le religioni”. E i valori della Chiesa Cattolica (amore verso il prossimo, amore per la vita, solidarietà, ecc…), per quanto eterni, oggi appaiono svuotati nel loro significato. Questo perché o sono stati troppo spesso mal comunicati o perché comunicati da chi non ha dato il buon esempio o perché considerati “autoesplicativi”, pensando di colmare il vuoto tra teoria e prassi solo con la fede.
La comunicazione è quindi il punto più delicato per realizzare la mission della Chiesa Cattolica: “mettersi al servizio del popolo di Dio”. I pericoli sono dietro l’angolo. Ballardini ne individua alcuni: il brand hijacking (“dirottamento della marca”, ovvero l’insieme delle azioni con cui i consumatori possono dirigere l’evoluzione della marca e del suo significato), l’eccessiva autoreferenzialità (errore tipico del marketing: il considerarsi unici o il credere che i clienti fidelizzati debbano per forza restare fedeli ), l’essere cattolici come tendenza (quasi “cool”) e persino il farsi prendere troppo la mano seguendo eccessivamente le logiche dell’advertising classico.
Papa Francesco sta già mettendo in atto una strategia di comunicazione responsabile (interessante l’aver commissionato ad Eurisko un’indagine sulla comunicazione etica e sostenibile) basata sull’autenticità – e non sull’essere cool, come affermato da qualche esponente cattolico. L’autenticità oggi è la chiave per una comunicazione davvero efficace e il papa fa bene a ripartire da questo valore per far riacquistare credibilità al suo brand.
“Oggi marketing è sinonimo di evangelizzazione”
Non si tratta più di vendita porta a porta, “non è necessario costringere la gente ad aderire per forza ad un’offerta, è più importante stabilire un rapporto di fiducia duraturo. È più importante la customer satisfaction. È più importante la felicità. E per Francesco un cristiano deve’essere prima di tutto felice. Così come deve portare felicità agli altri.”
Dice Francesco: “Oggi, quando le reti e gli strumenti di comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e di trasmettere la “mistica” del vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità”. Parafrasando: evangelizzare in rete. Ballardini analizza le criticità dell’evangelizzazione in rete; ad esempio individua come più importante il concetto di “prossimo” nell’ambiente digitale, che apre a infiniti spunti di riflessione.
Di sfide papa Francesco ne dovrà affrontare parecchie, la più importante sarà “convertire i cattolici”, provoca Ballardini, “riportarli al vero dialogo, tra loro e con l’altro”, passando “dall’etica dei divieti all’etica dei consigli”, dal “dare esempio di moralismo al dare esempio di moralità”. Vedremo col tempo se vi riuscirà, se questa strategia di marketing darà i suoi frutti.
Come si suole dire “un buon libro si vede non già dalle risposte che dà ma dalle domande”. Consiglio quindi questa lettura a tutti quelli che come me amano usare la lente del marketing per analizzare fenomeni sociali con spirito critico. E sono certo che, a prescindere dal vostro orientamento religioso, questo libro vi farà ragionare parecchio anche sulla vostra personale spiritualità.