Fare marketing rimanendo brave persone

“Gli uomini si distinguono dagli animali per tanti motivi, ma quello più affascinante è la loro capacità di raccontare storie.”

Narrare è anche ciò che fa il marketing, attraverso una pubblicità o più semplicemente attraverso uno slogan di un manifesto. Queste narrazioni contengono segni, musiche, colori, suoni, simboli che in un breve lasso di tempo devono convincere lo spettatore a cambiare idea o comportamento nei confronti di un prodotto. Per questo motivo il marketing viene definito un mestiere di precisione; anni di lavoro per una manciata di secondi.
Queste storie però non contengono sempre messaggi educativi, spesso infatti deviano la realtà risultando così ingannevoli, nocivi. Quest’ultima infatti è la ragion per cui il marketing viene definito un’attività di pura facciata.

giuseppe morici barilla fare marketing rimanendo brave persone

Ebbene, pure la sottoscritta ammette di aver associato spesso e volentieri il termine marketing al termine fuffa o peggio ancora al termine diavoleria. Non so nemmeno io spiegare la ragione della mia diffidenza, che sia colpa del mio lato no global? Nella mia mente il marketing era lo strumento delle multinazionali che, con l’unico obiettivo di vendere, diventavano di conseguenza la causa della deforestazione, dello sfruttamento dei poveri. Insomma, un’attività dannosa e manipolativa che trovava terreno fertile in questa società corrotta dal consumismo.
Ovviamente la mia posizione in merito è cambiata, non sono più così drastica. Eppure al supermercato il mio pensiero costante rimaneva non farti ingannare dal quel rosso acceso, questi biscotti non sono più buoni degli altri.

Il marketing mi avrebbe convinto solo se avessi scoperto un lato etico, un lato generativo, discreto e moderato. Così infatti, Giuseppe Morici, attuale Presidente della Regione Europa nel gruppo Barilla, vuole intendere il marketing, e lo spiega attraverso il suo libro “Fare marketing rimanendo brave persone”.

Fin dalle prime pagine il marketing cambia aspetto, viene in un certo senso rivalutato dal lettore scettico e si percepisce l’esistenza di un’etica in cui l’uomo e le sue relazioni vengono messe in primo piano. Morici mette in contrapposizione un cattivo marketing al marketing sano, cui le persone aderiscono per moto spontaneo e non per senso di vuoto.

“Un marketing che, attraverso i suoi racconti, aiuti le persone a sviluppare una loro identità.”

Un esempio di grande impatto fu quello di Patagonia, brand di abbigliamento sportivo, che a caratteri cubitali invitava i consumatori a non comprare una giacca nuova in modo da preservare il pianeta e non consumare tutte le risorse a noi disponibili. Ma cos’è questo? Un tentativo di suicidio? No, è astuto e spassionato marketing. Questa paradossale manovra non è altro che un modo assolutamente ingegnoso per trasmettere i valori e la cultura aziendale di una marca eco-friendly, lasciando la scelta di aderire o no a questo mondo che rispetta la natura.

Il classico esempio di cattivo marketing, invece, è quello di una famosa bevanda gassata che pur superando di gran lunga i valori nutrizionali di zucchero consigliati al giorno, nelle pubblicità viene messa al centro tavola di una famiglia che sta per consumare un sano pasto. Il messaggio che passa è, quindi, assolutamente disonesto e fuorviante in quanto la bevanda dovrebbe essere consumata moderatamente e non quotidianamente.

Che ci piaccia o no nel mondo markettaro troveremo per sempre entrambe le versioni, il cattivo marketing sarà necessariamente una presenza costante altrimenti aziende che producono tabacco e alcolici non esisterebbero.

“Il marketing che ci piace, certamente, vende. Ma non vende tutto. Non a chiunque. E certamente non a tutti i costi. Il marketing che ci piace crea, ispira, ricorda, incanta, racconta, coinvolge, stimola, migliora. E soprattutto, nel più profondo rispetto del presente e del passato, si prende cura del futuro.”

Ho trovato davvero affascinante la descrizione di marketing come narrazione sincera e appassionante che possa, in un certo senso, migliorare la vita delle persone, cioè una versione eco-sostenibile. Più continuavo con la lettura e più mi trovavo in totale accordo con l’autore, ma un dubbio non mi dava tregua “Abbiamo libero arbitrio davanti ad una pubblicità? Davvero scelgo quando acquisto un prodotto?” e ancora “Quali potrebbero essere gli strumenti più efficaci per difendermi dal cattivo marketing?”.
Vorrei poter rivolgere queste domande direttamente all’autore.

Consiglio questa interessantissima lettura a tutti coloro che guardano con occhio critico le numerose pubblicità alle quali siamo esposti ogni giorno e che, fiduciosi, credono in un marketing coinvolgente, onesto e generativo.

Francesca Bin