Conoscenza del prodotto per un guardaroba sostenibile e consapevole.

Zady, una piattaforma per compiere acquisti online, mira all’onestà e alla qualità nella produzione dei capi d’abbigliamento. Offrire trasparenza è la sua missione. Per ogni prodotto è possibile leggere la storia della sua fabbricazione perché solamente attraverso la reale conoscenza dei beni si possono compiere scelte più consapevoli, e in definitiva migliori.
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Ricercare trasparenza nell’acquisto
Il processo di acquisto di un capo d’abbigliamento solitamente coinvolge una buona dose di gusto personale, qualche influenza dettata dalle tendenze del momento e il prezzo segnato sul cartellino. I più attenti si preoccupano di sapere quali sono i materiali con cui esso è stato intessuto e, di tanto in tanto, la curiosità fa dare una sbirciata all’etichetta interna alla ricerca del “made in”. Non è un segreto, quindi, che l’opinione dei consumatori per quanto riguarda il mondo della moda e i suoi prodotti sia determinata da un numero di variabili piuttosto ampio.
Dove e come un capo d’abbigliamento sia stato effettivamente elaborato, però, è una domanda che molti si saranno posti almeno una volta di fronte ad un acquisto da compiere. Dal momento che il luogo di provenienza viene indicato a seconda del paese in cui sono state svolte le due fasi principali della lavorazione di un capo, sorge il dubbio che il “made in” sia meno eloquente di quel che dovrebbe. Di conseguenza, il consumatore non può godere di una reale completezza dell’informazione sul ciclo di creazione del prodotto nella sua totalità. La conoscenza di questo “made in” non è quindi mera curiosità, ma diventa una vera e propria ricerca di trasparenza da parte del consumatore.
La soluzione per ovviare a questa lacuna nell’informazione dei consumatori la dà Zady. Zady è una piattaforma online, nata nell’agosto 2013, adibita allo shopping, ma non si limita solo a ciò. Essa, infatti, ha fatto in modo di essere una sorta di destinazione per il lifestyle della prossima generazione di consumatori consapevoli, vale a dire coloro che sono interessati a conoscere l’origine di quello che acquistano. Zady, infatti, è stato uno dei primi rivenditori online sul mercato che ha deciso di integrare la questione della vendita con un’esperienza d’acquisto il più possibile dinamica. La shopping experience di Zady non si ferma alla sola vendita ma punta molto sul fornire al consumatore quante più informazioni sui prodotti. Questo sia attraverso il sito che mediante i canali social, come ad esempio Instagram, Twitter e Facebook. Appoggiandosi anche ad un gruppo di scrittori per la creazione di contenuti originali seguendo lo stile delle riviste, ha fatto sì che le persone iniziassero a spendere sempre più tempo all’interno del sito e non semplicemente per comprare nuovi articoli.
Trovare onestà e qualità
I fondatori di questa startup, Soraya Darabi e Maxine Bédat, hanno lasciato le loro precedenti carriere di successo per sviluppare un brand che costruisse il suo business attorno ad una vera e propria missione, un brand che si presentasse sul mercato come sinonimo di trasparenza, autenticità e significato. I due credono fermamente nel fatto che i consumatori non debbano fare della casuale accettazione dei beni uno stile di vita. La valorizzazione dello stile viene considerata importante tanto quanto quella della moralità con cui ci si accerta che i prodotti vengano creati. Mirando all’onestà e alla qualità nella produzione dei capi, Zady offre così un impareggiabile accesso a una gamma molto vasta di prodotti assolutamente alla moda, elaborati rispettando un ferreo principio di sostenibilità grazie alla lavorazione di materie prime di alta qualità.
Oltre alle linee proprie di Zady, attualmente all’interno del sito si possono trovare prodotti di circa 75 brand, la maggior parte dei quali hanno sede negli Stati Uniti e in Europa. E così è possibile accedere a prodotti come il denim da Imogene + Willie, i braccialetti Scosha fatti a Williamsburg, le borsette Clare Vivier, le giacche Ecoalf dalla Spagna, e molti altri.
Per ogni prodotto è possibile leggere la storia della sua fabbricazione, tutto ciò con lo scopo di facilitare una più stretta connessione tra le persone e i loro beni. Le persone devono avere la possibilità di conoscere veramente le origini delle cose che vogliono acquistare, perché solamente in questo modo possono compiere scelte decisamente più consapevoli, e sostanzialmente migliori.
Contrastare il prblema ambientale
L’obiettivo di Zady è di offrire prezzi economicamente sensati e non solamente vantaggiosi per il portafoglio. Si cerca di orientare il consumatore verso l’acquisto di un cappotto da $600 che può essere indossato per cinque stagioni anziché uno da $100 che deve essere gettato via dopo una sola stagione. La soluzione d’acquisto di Zady, quindi, propone un premium price in virtù del suo rispetto per l’ambiente e per le condizioni dei lavoratori, nonché della qualità dei materiali e della promessa che i suoi prodotti siano durevoli.
In particolare, per quanto riguarda l’ambiente, Zady avanza una valida alternativa alle industrie del fast fashion con l’obiettivo di frenare i problemi che esse provocano.
A tal proposito, infatti, alcuni fattori coinvolti nelle dinamiche produttive di tali industrie generano un livello di preoccupazione piuttosto alto. La prima questione riguarda l’utilizzo di fibre sintetiche in larga scala. Secondo i dati del Technical Textile Market, la domanda per tali fibre industriali, specialmente il poliestere, è quasi raddoppiata negli ultimi 15 anni. Ciò che allarma è il fatto che la loro produzione generi potenziali rischi ambientali non indifferenti poiché comporta il rilascio di sostanze nocive sia nell’aria che nell’acqua. Come se non bastasse, a ciò si affianca una seconda questione legata alla logica del consumismo che è diventata parte integrante dell’economia con l’industrializzazione. La crescita economica ha iniziato a dipendere da una continua commercializzazione di prodotti nuovi e dalla frenetica eliminazione di quelli vecchi semplicemente perché sempre nuovi canoni stilistici incoraggiano il loro disuso. Quando si parla di vestiti, quindi, il tasso d’acquisto e di eliminazione aumenta drasticamente e il percorso che una t-shirt compie dallo spazio vendite in negozio allo smaltimento in discarica diventa molto breve.
Questi fattori contribuiscono all’ingente problema d’inquinamento legato al mondo del fast fashion. Zady non vuole semplicemente prendere le distanze da questa realtà, ma si propone come una valida alternativa a tutto ciò.
Consumare consapevolmente
Grazie a Zady, gli utenti possono venire a conoscenza del “movimento dei consumatori consapevoli” e acquistare beni di qualità che sono stati creati dalle mani di esperti artigiani, un valore aggiunto che oggi viene spesso sacrificato. Zady è in grado di spiegare la provenienza di un articolo sfruttando Google Maps per mostrare da dove viene la lana con cui è stato creato il maglione che il cliente vuole comprare e le persone che hanno contribuito alla sua realizzazione. “Vi mostriamo le pecore in Oregon dove abbiamo preso la nostra lana, vi mostriamo le facce di coloro che l’hanno lavata, di coloro che l’hanno tinta” dice Darabi al pubblico del Le Web 2014.
All’inizio di quest’anno Zady è stata nominata da Fast Company tra le 10 compagnie più innovative del mondo e Buzzfeed.com ha incluso il suo Instagram accont nella lista dei 22 account che un amante del fashion dovrebbe seguire. L’obiettivo di coniugare il rispetto per l’ambiente, moda e sostenibilità sembrerebbe raggiunto con successo.
Zady controlla con attenzione la provenienza dei capi d’abbigliamento proposti, non per niente è stata definita un’azienda leader nel settore dello slow fashion.
Niente più capi d’abbigliamento gettati continuamente nelle discariche di rifiuti, niente più produzione tessile con origini discutibili. Non c’è dubbio, siamo di fronte ad un grande cambiamento che vede un numero sempre maggiore di consumatori avvicinarsi alla consapevolezza di ciò che indossano. I dati e l’informazione stanno giocando un ruolo molto importante in questo. Tuttavia, c’è ancora molta strada da fare per indirizzare tutti i consumatori verso questa via e il fast fashion domina ancora il mercato. È necessaria una mutazione generale nella tipologia di variabili considerate dal consumatore al momento della scelta. Come è possibile far sì che tale cambiamento avvenga a favore dell’universo dell’abbigliamento sostenibile? Si tratta solamente di essere socialmente più responsabili?